martedì 30 settembre 2014

The Selfish Giant di Clio Barnard

Un film di Clio Barnard. Con Conner Chapman, Shaun Thomas, Sean Gilder, Siobhan Finneran, Steve Evets. Drammatico, durata 93 min. - Gran Bretagna 2013.

Ci sono bambini per cui non sembra esserci posto nel mondo. Nati in famiglie cariche di problemi, vengono lasciati a se stessi. La scuola se ne sbarazza appena può e per loro non esiste che la strada e quello che questa può offrire loro.
In questa situazione sono  Arbor e l'amico Swifty, protagonisti del film The Selfish Giant, per loro non esiste infanzia. Swift oltretutto è di etnia gitana e i suoi sono considerati inferiori anche da chi sta al fondo della scala sociale, ultimi tra gli ultimi, disprezzati e mai accettati né integrati dalla società.
I due imparano presto l’arte di arrangiarsi, cercando di entrare nel mondo degli adulti che, invece di prendersi cura di loro, sono pronti a sfruttarli e ad usarli.
Siamo in una Inghilterra degradata in cui vivono famiglie di povera gente, di miseria materiale e morale i cui bambini sono le vittime innocenti di padri violenti e alcolisti e senza un lavoro, di madri depresse e disperate.
 
La vita di Arbor e del suo amico Swifty diventa quindi una quotidiana lotta per la sopravvivenza. E’ così che incontrano un losco individuo per cui si dedicano al  “commercio” di cavi elettrici e metallo.
Fin dalle prime inquadrature si comprende quanto i due giovani protagonisti siano destinati ad essere le vittime di un mondo che ha perso o non ha mai trovato dei valori. Perché così è un mondo che non sa prendersi cure delle generazioni future, che li abbandona al loro destino, che li rifiuta e li mette ai margini.
Il film ha vinto l’Europa Cinema Award, ha girato ancora nei giardini festivalieri più importanti, ma soprattutto è uscito nelle sale lasciando stupefatto il pubblico del Regno Unito. The Selfish Giant di Clio Barnard è un adattamento spietato della breve novella di Oscar Wilde, modernizzato e vissuto in quella periferia inglese senza pietà a cui ci hanno abituato Ken Loach e Shane Meadows, dove due bambini hanno solo se stessi a cui aggrapparsi per sopravvivere.
Clio Barnard cita Oscar Wilde; infatti riprende il titolo da un suo racconto per l’infanzia, Il gigante egoista, che terrorizza e attrae i bambini. Il "gigante egoista" è un rivenditore di ferraglia, che si trova ad assumere (in nero ovviamente) i due quattordicenni.  Il biondino e smilzo ma scaltro Arbor e il suo amico più robusto e sensibile Swifty iniziano la loro attività e trafugano tra i rottami il rame dalle centrali elettriche incustodite.
Ogni mattina, anziché andare a scuola, i due salgono su un carro arrugginito trainato da un cavallo che gli fornisce in prestito il gigante per caricarsi di ferraglia e guadagnarsi la giornata. I due ragazzi percorrono ogni giorno con un carretto le lande desolate intorno al loro paesello in cerca di rifiuti o qualcosa da rubare e rivendere a quell’orco che li usa e li sfrutta. 
La centrale elettrica con i suoi cavi sta lì a tentarli, sta lì maestosa a dominare il paesaggio in cui si muovono i personaggi, mostro pericoloso ma che  attrae, potenziale occasione di arricchimento con tutto quel rame da rubare e insieme pericolosa minaccia mortale. Chi tocca i fili muore, letteralmente.
 
Swifty, intanto, scopre il suo grande amore per i cavalli e vorrebbe dimostrare la sua abilità come fantino: il loro datore di lavoro ne possieda alcuni, che vengono impiegati in corse clandestine organizzate per la strada, alle quali il ragazzo vorrebbe partecipare come sfidante.
Clio Barnard la regista, ha seguito questi due bambini in tutta la loro storia, ci ha fatto conoscere i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro scelte. Ne è venuto fuori un ritratto assolutamente reale.
Il racconto è essenziale, privo di retorica, duro che narra, momento dopo momento, le azioni dei suoi protagonisti. Di loro percepiamo quella disperazione che nasce dal disagio affettivo, da una vita troppo difficile e piena di insidie che si trovano ad affrontare da soli, senza nessuna guida né consiglio, quella disperazione che si trasforma ogni giorno che passa in rabbia.
Il film drammatico sfocia nel dramma, quello che consentirà al gigante di fare un pur tardivo esame di coscienza e di ammettere tutte le proprie responsabilità nei confronti di due ragazzini che sognavano una via d'uscita dal buio.
Arbor e Swifty appartengono alla categoria di molti ragazzi e bambini invisibili ai nostri occhi che pur esistono numerosi e che spesso ci passano accanto.

Un cinema, quello della giovane regista inglese Clio Barnard dedicato agli umili e ai disperati, che non sfora  mai nel  sensazionalismo e soprattutto in un fastidioso pietismo. The selfish giant è un film molto riuscito sulle amarezze di una vita sempre in salita di molti ragazzi lasciati a se stessi in uno degli stati più emancipati del mondo occidentale, che vive ancora oggi di espedienti. Girato nel Regno Unito è parlato con lo stretto idioma locale che ne rende necessario la sotto titolatura.

Un film bello e toccante come sanno essere le produzioni inglesi quando hanno come protagonista lo strato sociale più basso e proprio per questo più vero e schietto. Un film inquietante commovente nel senso che fa breccia nella nostra indifferenza, che pone tante domande senza dare comode risposte.
Il gigante egoista, una delle fiabe scritte da Oscar Wilde e contenuta all’interno de Il principe felice e altri racconti, è una storia triste su di un Gigante geloso del suo giardino che per tanto tempo ha cacciato i bambini dal suo dominio, per poi riaccoglierli e accorgersi del tempo che ha perduto a corrergli contro. Il finale scritto da Wilde è una chiusura che lascia il lettore in lacrime con solo una piccola luce nel petto a scaldare il cuore. La regista Clio Barnard ci lascia l'amaro in bocca nella consapevolezza che questi bambini ci saranno sempre e che continueremo a passar loro accanto indifferenti o cercando di non vedere perché la nostra tranquillità non venga intaccata da scomode  realtà.

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