Un film di Clio Barnard. Con Conner Chapman, Shaun Thomas,
Sean Gilder, Siobhan Finneran, Steve Evets. Drammatico, durata 93 min. - Gran
Bretagna 2013.
Ci sono bambini per cui non sembra esserci posto nel mondo.
Nati in famiglie cariche di problemi, vengono lasciati a se stessi. La scuola
se ne sbarazza appena può e per loro non esiste che la strada e quello che
questa può offrire loro.
In questa situazione sono Arbor e l'amico Swifty, protagonisti del film The
Selfish Giant, per loro non esiste infanzia. Swift oltretutto è di etnia gitana
e i suoi sono considerati inferiori anche da chi sta al fondo della scala
sociale, ultimi tra gli ultimi, disprezzati e mai accettati né integrati dalla
società.
I due imparano presto l’arte di arrangiarsi, cercando di entrare
nel mondo degli adulti che, invece di prendersi cura di loro, sono pronti a
sfruttarli e ad usarli.
Siamo in una Inghilterra degradata in cui vivono famiglie di
povera gente, di miseria materiale e morale i cui bambini sono le vittime
innocenti di padri violenti e alcolisti e senza un lavoro, di madri depresse e
disperate.
La vita di Arbor e del suo amico Swifty diventa quindi una
quotidiana lotta per la sopravvivenza. E’ così che incontrano un losco individuo
per cui si dedicano al “commercio” di
cavi elettrici e metallo.
Fin dalle prime inquadrature si comprende quanto i due
giovani protagonisti siano destinati ad essere le vittime di un mondo che ha
perso o non ha mai trovato dei valori. Perché così è un mondo che non sa
prendersi cure delle generazioni future, che li abbandona al loro destino, che
li rifiuta e li mette ai margini.
Il film ha vinto l’Europa Cinema Award, ha girato ancora nei giardini festivalieri più
importanti, ma soprattutto è uscito nelle sale lasciando stupefatto il pubblico
del Regno Unito. The Selfish Giant di Clio Barnard è un adattamento spietato
della breve novella di Oscar Wilde, modernizzato e vissuto in quella periferia
inglese senza pietà a cui ci hanno abituato Ken Loach e Shane Meadows, dove due
bambini hanno solo se stessi a cui aggrapparsi per sopravvivere.
Clio Barnard cita Oscar Wilde; infatti riprende il titolo da
un suo racconto per l’infanzia, Il gigante egoista, che terrorizza e attrae i
bambini. Il "gigante egoista" è un rivenditore di ferraglia, che si
trova ad assumere (in nero ovviamente) i due quattordicenni. Il biondino e smilzo ma scaltro Arbor e il
suo amico più robusto e sensibile Swifty iniziano la loro attività e trafugano
tra i rottami il rame dalle centrali elettriche incustodite.
Ogni mattina, anziché andare a scuola, i due salgono su un
carro arrugginito trainato da un cavallo che gli fornisce in prestito il
gigante per caricarsi di ferraglia e guadagnarsi la giornata. I due ragazzi percorrono
ogni giorno con un carretto le lande desolate intorno al loro paesello in cerca
di rifiuti o qualcosa da rubare e rivendere a quell’orco che li usa e li
sfrutta.
La centrale elettrica con i suoi cavi sta lì a tentarli, sta lì
maestosa a dominare il paesaggio in cui si muovono i personaggi, mostro
pericoloso ma che attrae, potenziale
occasione di arricchimento con tutto quel rame da rubare e insieme pericolosa
minaccia mortale. Chi tocca i fili muore, letteralmente.
Clio Barnard la regista, ha seguito questi due bambini in tutta la loro
storia, ci ha fatto conoscere i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro scelte.
Ne è venuto fuori un ritratto assolutamente reale.
Il racconto è essenziale, privo di retorica, duro che narra,
momento dopo momento, le azioni dei suoi protagonisti. Di loro percepiamo
quella disperazione che nasce dal disagio affettivo, da una vita troppo
difficile e piena di insidie che si trovano ad affrontare da soli, senza
nessuna guida né consiglio, quella disperazione che si trasforma ogni giorno
che passa in rabbia.
Il film drammatico sfocia nel dramma, quello che consentirà
al gigante di fare un pur tardivo esame di coscienza e di ammettere tutte le
proprie responsabilità nei confronti di due ragazzini che sognavano una via
d'uscita dal buio.
Arbor e Swifty appartengono alla categoria di molti ragazzi
e bambini invisibili ai nostri occhi che pur esistono numerosi e che spesso ci
passano accanto.
Un cinema, quello della giovane regista inglese Clio Barnard
dedicato agli umili e ai disperati, che non sfora mai nel sensazionalismo e soprattutto in un fastidioso
pietismo. The selfish giant è un film molto riuscito sulle amarezze di una vita
sempre in salita di molti ragazzi lasciati a se stessi in uno degli stati più
emancipati del mondo occidentale, che vive ancora oggi di espedienti. Girato
nel Regno Unito è parlato con lo stretto idioma locale che ne rende necessario
la sotto titolatura.
Un film bello e toccante come sanno essere le produzioni
inglesi quando hanno come protagonista lo strato sociale più basso e proprio
per questo più vero e schietto. Un film inquietante commovente nel senso che fa
breccia nella nostra indifferenza, che pone tante domande senza dare comode
risposte.
Il gigante egoista, una delle fiabe scritte da Oscar Wilde e contenuta all’interno de Il principe felice e altri racconti, è una storia triste su di un Gigante geloso del suo giardino che per tanto tempo ha cacciato i bambini dal suo dominio, per poi riaccoglierli e accorgersi del tempo che ha perduto a corrergli contro. Il finale scritto da Wilde è una chiusura che lascia il lettore in lacrime con solo una piccola luce nel petto a scaldare il cuore. La regista Clio Barnard ci lascia l'amaro in bocca nella consapevolezza che questi bambini ci saranno sempre e che continueremo a passar loro accanto indifferenti o cercando di non vedere perché la nostra tranquillità non venga intaccata da scomode realtà.
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