Höstsonaten (Sinfonia d'autunno) di Ingmar Berman (1978). Con Liv Ullmann, Ingrid Bergman, Lena Nyman, Halvar Björk, Marianne Aminoff, Arne Bang-Hansen, Gunnar Björnstrand, Erland Josephson, Georg Løkkeberg, Mimi Pollak, Linn Ullmann, Georg Lokkeberg. Genere Drammatico, colore 93 minuti. - Produzione Svezia, Germania, Gran Bretagna 1978 Rating IMDb: 8.1
Quando concepì “Sinfonia d’autunno" Bergman
stava attraversando una crisi depressiva. Così scrive lui stesso: «La
notte dopo l'assoluzione, (era stato accusato di frode fiscale) non riuscendo a
dormire nonostante il sonnifero, mi viene l'idea di fare un film su una madre e
una figlia, che devono essere impersonate da Ingrid Bergman e Liv Ullmann, e
soltanto da loro... Sinfonia d'autunno fu concepito durante alcune ore
notturne, dopo un periodo di totale blocco creativo».
La scelta per Liv Ullmann era chiara: l'attrice norvegese era una delle sue
attrici preferite ed era stata anche la sua compagna di vita da cui ha avuto
una figlia, Linn. Meno scontata era la scelta di Ingrid Bergman che non aveva
mai recitato con il regista. I due si erano conosciuti a Parigi all'inizio
degli anni Sessanta ed è proprio in questa occasione che il regista parla
all'attrice di una loro eventuale collaborazione in un prossimo film.
Dopo questo incontro i due Bergman si scrivono di tanto in tanto e solo dopo qualche anno però Ingmar mantiene la promessa.
Il regista ricorda a tale proposito che, durante la proiezione di
"Sussurri e grida" al Festival cinematografico di Cannes nel 1973, fu
la stessa attrice a ficcargli una letterina nella tasca della giacca in cui gli
ricordava la vecchia promessa e questo episodio viene
confermato dall'attrice nella sua autobiografia. Bisogna, inoltre, ricordare
che l'attrice era nata in Svezia e per lei era anche un ritorno a casa.
Il regista, dopo molto tempo, fa finalmente recapitare all'attrice la prima
stesura del manoscritto di Sinfonia d'autunno e l'invita nell'isola di Farö, dove
risiedeva. «Acconsentii anche se gli svedesi sono
molto restii a invadere la vita privata degli altri. Per noi la vacanza ideale
è quella che si fa lontano da tutti», scrive a questo proposito Ingrid Bergman.
Il film è ambientato in Norvegia, in alcuni studi cinematografici nei pressi di
Oslo, che erano stati costruiti nel 1914 e non erano mai stati ammodernati.
Dietro le quinte di "Sinfonia d'autunno" i rapporti tra i due Bergman non erano dei più sereni. Ingrid gli fa presente che non ritiene verosimile la crudeltà del rapporto tra madre e figlia che scaturisce dalla sceneggiatura. Il regista è inflessibile: «Ci sono donne così. Rifiutano di essere disturbate dai loro figli. Non vogliono perdere tempo con i loro problemi. Hanno la loro vita, la loro carriera. Tutto il resto non conta. È di una donna così che ho voluto parlare».
Nonostante Ingmar Bergman fosse abituato a dirigere quasi sempre con gli stessi attori con cui riusciva subito ad intendersi, è comunque convinto che solo Ingrid è in grado di interpretare quel personaggio di madre e decide di andare avanti nel progetto.
A fare a volte da intermediaria fra i due fu Liv Ullmann con i suoi gesti di amicizia verso i due Bergman e interpretando il ruolo di Eva con straordinario pathos sebbene tutta l'attenzione di Ingmar fosse rivolta a lngrid.
Dopo le prime prove, il regista ottiene quello che vuole.
Ingrid Bergman reagisce esprimendosi al meglio, si cala perfettamente nella
parte e questa sarà giudicata da molti come una delle sue migliori
interpretazioni. L’attrice per questo film sarà poi candidata all'Oscar del
1977 come migliore attrice.
Bisogna ricordare che Ingrid, in quel periodo, era già malata di cancro al seno ed era reduce da una pesante chemioterapia. Faceva fatica a ricordare la sua parte, ma lottava senza desistere. Di questo male morirà nel 1982.
Bisogna ricordare che Ingrid, in quel periodo, era già malata di cancro al seno ed era reduce da una pesante chemioterapia. Faceva fatica a ricordare la sua parte, ma lottava senza desistere. Di questo male morirà nel 1982.
Il film è un lungo e alterno monologo di una madre e di una figlia: una madre celebre non interessata a tutto ciò che non è lei stessa e una figlia amorevole e maldestra. E’ un film con molti primi piani di volti, su cui le parole incidono le forti emozioni.
Due attrici eccezionali, Ingrid Bergman, madre altera, su cui pesa la sua celebrità di pianista e la figlia, Liv Ullmann, danno a questo scontro tutta la sua asprezza.
«È un film per due attrici», ha detto il regista, «o piuttosto per due violoncelli, dato che il tono è grave » Per questo il film nell'originale si chiama "sonata" e non "sinfonia".
Dopo l'entusiasmo dell'incontro che avviene dopo ben sette anni di lontananza e i primi convenevoli, pian piano le maschere della vita quotidiana scivolano dai loro volti e le due donne si rispecchiano l’una nell'altra tutti i conflitti rimasti sepolti per tanti anni, le zone d'ombra emergono alla luce con tutta la loro drammaticità.
Charlotte (Ingrid Bergman) è una pianista di successo, bella ed elegante e la sua figura per buona parte del film sembra occupare tutta la scena. Dopo una lunga assenza arriva a casa da sua figlia. Il suo compagno è appena morto dopo una lunga e dolorosa malattia.
La figlia, Eva, l’ascolta dopo tanti anni di attesa e ritrova la madre di sempre, concentrata solo su se stessa.
“Mi trovi tanto cambiata in questi anni? – le dice - Certo mi sono tinta i capelli... Leonardo odiava i capelli grigi...” "Ti piace questo completo? L'ho comprato in una boutique di Zurigo per pochi soldi”. Charlotte sembra, soprattutto, non voler lasciar spazio al silenzio che potrebbe dar voce alle parole di Eva, la figlia, e parla, parla, si racconta.
Si sa, la malattia invalidante di una figlia porta disonore
in un famiglia oltre che dolore, e sicuramente ancora di più in una famiglia
agiata, dove una mamma fa carriera ed è famosa.
Tutto ciò non viene detto, è sottinteso, lo sanno, ma non
lo esplicitano. Il fatto che la figlia abbia voluto prendere al sorella con sé
è per la mamma come uno schiaffo, come dirle, tu non ne sei stata capace.
Giochi sottili, nascosti che man mano si fanno strada nel dialogo. L'abilità di
Charlotte è quella di scansare i problemi, di aggirare i discorsi che possono
andare troppo in profondità, anche se la Bergman sa rendere con straordinaria
efficacia i momenti di difficoltà: il suo sguardo a volte si fa cupo, commosso
per poi tornare ad essere luminoso e accattivante. Eva (Liv Ulmann), una donna timida, sottomessa, però, lascia intuire una sua forza che pian piano emerge sottile, ma tenace.
E l'incontro con la figlia malata avviene. Helena è emozionata, abbraccia la mamma, la cerca. Charlotte, dopo un momento di disagio, si riprende e recita la parte della mamma premurosa. Ma non capisce la figlia, è Eva a tradurre ogni suo balbettio o tentativo di comunicare: la voce è inceppata, la parola esce a stento e con fatica La madre, allora, pensa di assolversi dai rimorsi regalando alla figlia malata una carezza e un orologio.
Finalmente sola in
camera dà libero sfogo ai suoi pensieri e lo fa il più delle volte guardandosi
allo specchio come parlando ad un'altra da sé Il senso di colpa la perseguita
sempre e non le lascia vivere la sua vita serenamente. Avrebbe fatto meglio a
non venire a trovare la figlia. Ma se ne sarebbe andata via presto, avrebbe
fatto un viaggio. Sembra che ogni volta che Charlotte tocca i nervi
più sensibili, trovi un modo per fuggire a se stessa oltre che agli altri.
Si idealizza la
famiglia quando si è lontani, ma poi quando si precipita nelle vecchie
dinamiche, allora si vuole scappare di nuovo invece che affrontarle. Dopo tanti
anni ci si aspetta che qualcosa accada… e si pensa che il tempo faccia tutto da
solo, ma le ferite vecchie sono vive anche se nascoste.
L’ha sentita tutta
la sofferenza di Helena… una sofferenza per lei insopportabile, “quel suo
tenero caldo corpo così tormentato”… e di nuovo il desiderio di fuggire. Si
guarda allo specchio e si dice: “devi farcela Charlotte”. Di nuovo il suo "Io" ritorna a sedare ogni piccolo turbamento.
La lontananza, il
muro che separa madre e figlia, si fa ancora più palpabile quando Charlotte
trova Eva nella camera del figlio morto molto piccolo e che ha lasciato in lei un gran
vuoto. Di fronte al dolore della figlia, Charlotte si ritrae, sembra quasi
infastidita eppure ci aspetteremmo almeno un po' di pietà. Eva parla del
bambino, cerca di confidarsi, ma lei appare sempre più rigida, non vuole
ascoltare e la invita a fare una passeggiata. Il discorso appassionato di Eva
cade nel vuoto…
La sera guardano,
anche insieme al marito di Eva, le foto: per Charlotte è veramente
troppo! Quel volto di bimbo sorridente la sconvolge, ma tace: visibilmente è
scossa, ma la commozione fa male e, quando le danno in mano la foto del bimbo,
quasi non la guarda e la appoggia sul tavolo. Di nuovo sente che vogliono farla
sentire in colpa, perchè anche quella volta era stata assente e subito si
giustifica: stava suonando, registrando Mozart, non era libera.
Arriva finalmente l'ora di andare a dormire. Ma la notte non conosce barriere e ciò che rimane seppellito emerge prepotentemente sotto forma di incubo. Charlotte si sveglia impaurita gridando e chiedendo aiuto. Le luci si accendono nella casa ed Eva incontra la mamma sola nella sala. Charlotte ha un momento di debolezza e le chiede: "Eva io ti piaccio?" "Certo sei mia madre. Ed io ti piaccio?"
Arriva finalmente l'ora di andare a dormire. Ma la notte non conosce barriere e ciò che rimane seppellito emerge prepotentemente sotto forma di incubo. Charlotte si sveglia impaurita gridando e chiedendo aiuto. Le luci si accendono nella casa ed Eva incontra la mamma sola nella sala. Charlotte ha un momento di debolezza e le chiede: "Eva io ti piaccio?" "Certo sei mia madre. Ed io ti piaccio?"
E' l’ora della resa dei conti.
Madre e figlia sono ora davanti senza più veli. Questa volta riescono a parlarsi. Nella seconda parte del film nel dialogo madre-figlia è Eva a prendere il sopravvento, a condurre il discorso. Improvvisamente ci appare in tutta la sua forza, in tutta la sua rabbia che sfoga senza più veli. Ed è Charlotte ad essere sopraffatta. A giocare tutto in difesa.
La recitazione di entrambe è stupenda. I loro volti quasi
sempre in primo piano esprimono magistralmente i sentimenti che le attraversano
in tutte le loro sfumature. Ad un certo punto la mamma chiede: “Eva, tu mi odi”.
E, nonostante il dolore visibile della donna, la figlia non ha intenzione di cedere, è decisa ad andare fino in fondo:
“Non lo so – le risponde - Improvvisamente arrivi qui ed ero felice di vederti, ma non so neanche io cosa mi aspettassi, forse che tu fossi disperata e sola. Sono sconvolta, ero convinta di essere cresciuta, di poter valutare serenamente me, te, la mia infanzia”. E continua:
“Perché tu sei una che sfugge, che non ascolta mai, perché sei emotivamente paralizzata e non te ne accorgi, perché tu detesti sia me che Helena, perché vivi, senza freno, di te stessa e della tua luce. Gli altri intorno a te non esistono Perché sei riuscita ad annientare la mia voglia di vivere, come io ora sto annientando la tua. Qualsiasi cosa sensibile e delicata tu la soffocavi, qualsiasi cosa viva dentro di me tu la uccidevi Il tuo odio non era meno forte del mio. Ero giovane, malleabile, con tanta voglia di amare e tu mi hai plagiato.
Alla fine le chiede: “Mamma è così? La sconfitta della figlia è il trionfo della madre…. Mamma, il mio dolore è un tuo piacere segreto?”
E' un momento molto forte questo, dove figlia e madre mettono a nudo tutta la verità che per tanti anni avevano entrambe nascosto a se stesse. Non hanno più paura e anche la mamma finalmente si rivela.
Nella sua storia si ritrovano i motivi della sua incapacità di essere davvero e fino in fondo mamma e moglie. Racconta, ma sembra quasi parlare più a se stessa che alla figlia. Si ha l'impressione che in questo momento finalmente si liberi di un peso che le aveva impedito di vivere davvero: l'unico suo rifugio la musica.
“Io non ricordo quasi niente della mia infanzia. Non ricordo
che i miei genitori, che i miei fratelli mi abbiano mai sfiorato una volta né
per punirmi né per accarezzarmi. Mi erano totalmente sconosciuti i sentimenti
che hanno a che fare con l’amore, l’amicizia, la tenerezza, il calore,
l’affetto. Solo attraverso la musica sono riuscita a manifestare tutte queste
sensazioni. Spesso quando non dormo di notte non faccio altro che chiedermi se
ho vissuto davvero e se c’è qualcun altro che si pone la stessa domanda o se ci
sono delle persone che sono capaci di vivere meglio di altre o se la maggior
parte della gente non vive la vita pur esistendo e poi vengo presa…vengo presa
dalla paura.
Davanti a me c’è il quadro terribile di me stessa: non sono
mai cresciuta. La mia faccia ed il mio corpo sono invecchiati. Ho avuto
esperienze, ho conosciuto il mondo, ma è come se non fossi neanche nata. Non mi
ricordo nessuna faccia, neanche la mia..."
Le due donne si lasceranno di nuovo, ma questa volta si sono dette la verità. Il velo si è squarciato ed ognuna, però, rimarrà sola a continuare la propria vita. La figlia non ha perdonato la mamma: "Non ci può essere perdono. Che cosa ti dà il diritto di credere che dovrei fare un’eccezione per te? Sei sempre riuscita ad assolverti, a discolparti chissà se un giorno ti renderai conto che la tua assoluzione non puoi deciderla da sola". Parole dure, ma forse reali: le ferite rimangono e tardive scuse non sono un rimedio, né una medicina.
Eva, però, è riuscita a parlare, a sfogare la sua rabbia, il suo rancore e questo sembra aiutarla a riscattare la sua vita.
"E’ doloroso riconoscere i nostri errori. È possibile ancora curare le nostre ferite. Vivere ciò che resta e volerci ancora bene. Io non farò più nulla per cancellarmi dalla mia vita. Ho ancora fiducia, non mi arrenderò, anche se è troppo tardi, non può esser troppo tardi"Un film straordinario, una grande prova di regia e di interpretazione. Un film che non ho dimenticato e che ho rivisto volentieri, perchè sa penetrare nei meandri della relazione madre e figlia. Una relazione sempre difficile, anche quando non è compromessa come quella di Eva e Charlotte. Ma oggi questa coppia di donne è più che mai attuale.
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