Regia: Clint Eastwood Con: Leonardo DiCaprio - Naomi Watts - Josh Lucas - Armie Hammer - Ed Westwick - Lea Thompson - Dermot Mulroney - Judi Dench - Stephen Root - Jeffrey Donovan - Amanda Schull Anno: 2011 - IMDp 6,7
Per 48 anni, dal '24 al '72, Hoover è stato direttore del Bureau of investigation, cui nel '35 aggiunse l'aggettivo federal. I presidenti seguivano ai presidenti - Coolidge, Hoover, Roosevelt, Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon - e J. Edgar non smetteva di vigilare sui destini degli Usa: a scovare i comunisti ovunque si celassero, e se non ne trovava, a combattere contro radicali altrettanto infidi, per quanto più generici. In questo, la sua biografia è stata per mezzo secolo la storia stessa del Paese. E così la intende Clint Eastwood, insieme con lo sceneggiatore Dustin Lance Black.
Giunto a una splendida vecchiaia, sempre più l'ex "dirty Harry" Callaghan regola i conti con l'"american way of life". In "Gran Torino" (2008) si trattava di una crisi e di un'eroica rivolta morale interne alla working class. Ora invece si tratta della confutazione dell'idea che è stata a lungo l'anima del sogno americano: quella dell'innocenza di un'intera nazione, e della sua missione storica per così dire salvifica. Dell'una e dell'altra, appunto, è ben certo il protagonista (Leonardo Di Caprio) di "J. Edgar" (Usa, 2011, 137').
Dominato da una madre egoista e bigotta (Judi Dench), è convinto che suo compito sia curare la salute sociale e ancor prima morale di un Paese e di un popolo eletti da dio, e per questo esposti alle insidie del demonio.
In tale prospettiva politico-paranoica tutto diventa lecito, e addirittura doveroso: mentire, manipolare l'opinione pubblica, violare le leggi e negare diritti dei singoli, raccogliere dossier segreti, ricattare i potenti, e identificare se stessi e la propria carriera con il bene indubitabile dell'America e del mondo. Tutto questo racconta "J. Edgar", mostrando insieme le miserie di un piccolo uomo incapace di amare e sempre esposto alla paura: a quella d'essere minacciato da congiure, a quella di perdere il potere, a quella del desiderio omosessuale negato per Clyde Tolson (Armie Hammer), a quella d'invecchiare e di essere allontanato dalla sua macchina di controllo sociale. È un debole, il direttore del Fbi, e un infelice. È un nano che si illude d'essere un gigante.
E alla fine non è che un vecchio fallito, terrorizzato dall'evidenza che la solitudine è tutto ciò cui la vita l'ha portato. Non ci sono più presunzione d'innocenza né certezza d'elezione divina, nel suo corpo e nella sua anima che muoiono. E ancor meno ce sono nell'America che, attraverso di lui, spietatamente Eastwood racconta.
Da L'Espresso
(...)L'unico obiettivo di Edgar è difendere la patria da qualsiasi tipo di attacco. Entrato a far parte del Dipartimento di Giustizia, vive in prima persona gli attentati della fazione radicale e bolscevica e nel 1919 viene nominato capo della nuova Divisione di Intelligence Generale del Bureau Investigation, e poco dopo diventa direttore dello stesso Bureau.
Giorno dopo giorno, rinnova l'intero personale degli agenti speciali assunti dal dipartimento, richiedendo sempre più specifiche competenze (non solo di tipo professionale, ma anche di tipo fisico, quali la forma, l'aspetto e l'abbigliamento).
È proprio nella selezione dei giovani agenti che conosce Clyde Tolson, collaboratore che lo accompagnerà durante tutta la sua vita, sia in ambito lavorativo che in quella privata: nel racconto si sottolinea il rapporto tra i due, che va oltre la semplice amicizia, ma che non si spingerà mai oltre la reciproca fiducia.
Solo in un'occasione, una sera durante una vacanza per giocare alle corse dei cavalli, mentre Clyde rivela il suo amore per lui, Edgar confida la decisione di dover prendere moglie (nell'educazione conservatrice un uomo senza moglie è considerato un uomo incompleto, di cui si sospetta un tipo di natura eticamente sbagliata), e dopo un litigio burrascoso e un bacio, Edgar afferma di non voler più ripetere una situazione di quel genere, mentre Clyde minaccia di andarsene via nel momento in cui lui avesse preso moglie o si fosse fidanzato: Edgar non si sposerà mai.
Di tutti i casi risolti nella sua carriera, ne vengono menzionati in particolare tre: il caso del rapimento del figlio di Charles Lindbergh, in cui si sottolinea l'importanza dell'uso della scienza e dei mezzi tecnologici per lo svolgimento dell'investigazione. Edgar, promotore di innovazione investigativa, trasforma man mano la sede dell'FBI in un centro di ricerca all'avanguardia, le cui prove, avvalendosi di tecniche scientifiche e specialisti del campo, diventano schiaccianti per la risoluzione dei casi e nelle accuse dei colpevoli (in questo particolare caso l'FBI fa sì che il riscatto sia composto da soldi tracciabili, e proprio l'uso di questi soldi condurranno gli agenti all'arresto di Bruno Hauptmann). Purtroppo il caso si risolve con il tragico ritrovamento del corpo del bimbo, anche se era stato pagato il riscatto: Edgar intuisce già dall'inizio che il rapimento non era andato a buon fine, in quanto la scala di legno usata per raggiungere il piano in cui si trovava il bambino, era stata ritrovata spezzata, a causa del peso. L'episodio finisce con la condanna a morte del rapitore.
La seconda vicenda tratta della guerra dei Gangster che colpì la sicurezza dell'intero paese: chiedendo al dipartimento maggiori finanziamenti e l'autorizzazione di arrestare e dell'uso di armi, l'FBI si trasforma in un vero e proprio corpo per la protezione e salvaguardia del Paese, con un proprio regolamento federale valido per tutti gli Stati Uniti. Uno dopo l'altro i capi della criminalità organizzata vengono arrestati o uccisi, in particolare viene ricordato la cattura e uccisione di John Dillinger, avvenuta da parte dell'agente speciale Melvin Purvis.
In questo particolare caso sono sottolineate alcune tra le debolezze di Edgar, restio alle critiche di qualsiasi tipo: dopo esser stato accusato di non esser un agente completo in quanto incapace di dirigere in campo un'azione d'arresto, comincia a partecipare ai compiti svolti dagli agenti fuori dagli uffici, ma, per capriccio, fa spostare brillanti agenti dal campo aperto alla scrivania, in quanto geloso dei loro progressi; il caso più eclatante fu proprio quello dell'agente speciale Melvin Purvis, declassato dopo aver ricevuto onorificenze per le proprie azioni di coraggio.
Infine la terza vicenda, che coinvolge il nostro protagonista dagli esordi alla fine della sua carriera, è proprio la salvaguardia della sicurezza nazionale dagli scandali degli uomini di potere: introducendo l'uso delle microspie, Edgar ottiene un potere non costituzionale che gli permette di "minacciare" anche i suoi superiori, tra cui il presidente, per ottenere maggiori finanziamenti e migliorie per l'FBI. Ogni singolo segreto, ogni singola situazione non eticamente corretta, viene catalogata all'interno del proprio archivio personale, diventando così uno degli uomini più potenti degli Stati Uniti.
Infine si sottolinea la natura effimera dell'uomo, che anche se potente, è comunque mortale e che proprio alla morte deve chinarsi senza ribellarsi. Edgar non accetta la vecchiaia.
Governò l'FBI col pugno di ferro per 50 anni con notevoli risultati, e passando attraverso otto presidenti americani, da Calvin Coolidge a Richard Nixon. Discusso e odiato per i suoi metodi non certo delicati, J. Edgar fu anche accusato di violazione dei diritti umani, specialmente durante il maccartismo, ma l'FBI sotto di lui ha sempre avuto notevoli risultati.
da Wikipedia
Un personaggio complesso quello di Edgar. L’uomo che forse più di tutti ha influenzato la politica statunitense del Ventesimo secolo è raccontato come un personaggio che osserva malinconia la vita da una finestra, nell’illusione di poterla veramente controllare e dirigere.
E' alla fine della sua vita in attesa di un riconoscimento del suo lavoro e legittimazione di un’esistenza, per questo vuole raccontarla lui la sua storia.
Il regista non dà un giudizio politico sul personaggio, è più interessato, è molto più interessato alla psicologia del personaggio. Racconta, quindi, con partecipazione la vecchiaia del suo protagonista, la fatica e il dolore che possono causare un bilancio esistenziale non molto positivo.
Tuttavia il film è un po' carente, a mio avviso, nella sceneggiatura: c'è troppo da narrare e il racconto rischia a tratti di essere frammentato, la vita di Egar è troppo complessa per essere narrata in poche battute ed altrettanto densa la sua vita privata con i suoi rapporti difficili con la mamma e l'omosoessualità che non potrà mai manifestarsi in modo libero.
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